Più consumi e più tasse, meno risparmio

Ripresa dei consumi, nel secondo trimestre di quest'anno. Dopo la notizia diramata, pochi giorni fa, dall'Istat, l'istituto nazionale di statistica, tanti, a partire dalle associazioni dei commercianti, hanno esultato: finalmente, gli italiani tornano a spendere. Anche numerosi politici ed economisti hanno manifestato soddisfazione per la novità. E c'è chi ha aggiunto che è un effetto della maggiore fiducia da parte delle famiglie, del miglioramento della situazione occupazionale, del riavvio di un ciclo economico più favorevole.
In effetti, tra l'inizio di aprile e la fine di luglio, le famiglie consumatrici hanno speso 259,152 miliardi per consumi finali, il 2,7% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e lo 0,4% in più rispetto al primo trimestre 2017.
Però, l'Istat ha anche rilevato che, tra l'inizio di aprile e la fine di luglio di quest'anno, il reddito disponibile lordo delle famiglie (278,571 miliardi) è aumentato solo dello 0,9 rispetto al corrispondente periodo 2016 e dello 0,2% rispetto al primo trimestre. Mentre il potere d'acquisto, pari a 256,507 miliardi, è addirittura diminuito dello 0,3% rispetto al secondo trimestre 2016 ed è rimasto invariato rispetto ai primi tre mesi di quest'anno.
L'aumento della spesa per consumi in percentuale superiore a quella del crescita del reddito disponibile, inevitabilmente, comporta il calo della propensione al risparmio. Che, infatti, nel secondo trimestre, è risultata pari al 7,5% (rapporto tra risparmio lordo e reddito lordo disponibile), quindi inferiore di 0,2 punti rispetto al trimestre precedente e di 1,5 punti rispetto al secondo trimestre del 2016. Fra l'altro, questo 7,5% è il livello più basso dalla fine del 2012.
Il calo della propensione al risparmio è passato quasi sotto silenzio, soffocato dal suono delle trombe per la ripresa dei consumi. Un aspetto sorprendente, almeno in parte, perché il risparmio, dote atavica degli italiani, è fondamentale per un'economia strutturalmente sana, solida e vitale. Naturalmente, il risparmio non fine a se stesso, altrimenti è avarizia; ma finalizzato agli investimenti, che costituiscono la base per l'aumento del patrimonio e per il miglioramento duraturo delle condizioni delle famiglie.
Sono gli investimenti che fanno progredire e sviluppare: gli investimenti nell'istruzione dei figli, per l'acquisto della casa, per l'avvio o l'ampliamento di attività, per comprare strumenti finanziari destinati ad accrescere il reddito …
Per investire, però, occorrono i risparmi. Altrimenti si fanno debiti, che rischiano di diventare insostenibili, in seguito a imprevisti sempre possibili e spesso dal costo superiore alle proprie risorse.
L'aumento dei consumi, perciò, è certamente positivo quando è correlato all'aumento del reddito netto disponibile e del potere d'acquisto, non quando va a scapito della propensione al risparmio.
Propensione sempre più difficoltosa, anche a causa dell'inarrestabile voracità del fisco. Confermata sia dalla constatazione che, nel secondo trimestre 2017, la pressione fiscale è stata pari al 41,8%, uguale allo stesso periodo del 2016, sia, fra l'altro, dagli ultimi dati del Mef, il ministero dell'Economia e delle Finanze.
Infatti, il Mef ha comunicato che dal primo giorno di gennaio all'ultimo di agosto, le entrate tributarie erariali sono ammontate a 287,045 miliardi, con un incremento di 4 miliardi e dell,1,4% rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso. In particolare, sono state pari a 120,1 miliardi le entrate Irpef (imposta sui redditi da lavoro e da pensione), salite dell'1,6%; mentre l'Iva ha generato un gettito di 79,4 miliardi (+3,2%).
Consolazione forse unica per i contribuenti onesti: le entrate derivanti dall'attività di accertamento e controllo (recupero dell'evasione fiscale), riferite solo ai ruoli dei tributi erariali, hanno sfiorato i 7 miliardi, facendo segnare un incremento del 23,1% rispetto ai primi otto mesi dell'anno scorso.