Fondazioni e falsi mecenati

In queste settimane, si stanno celebrando i 25 anni di vita delle fondazioni di origine bancaria, quelle "strane" istituzioni nate con la Legge Amato. Un po' in tutta l'Italia, numerose fondazioni raccontano quanto hanno erogato in favore delle loro comunità di riferimento. Fra l'altro, è stato ricordato che le 88 fondazioni attive nel nostro Paese, insieme, hanno distribuito oltre 20 miliardi, dal 2000 al 2016. E, nell'occasione, qualcuno ha definito le fondazioni di origine bancaria "i nuovi mecenati".
Titolo appropriato per certi aspetti, cioè se riferito agli enti che promuovono e sostengono arte e cultura, istruzione e ricerca scientifica, salute pubblica e volontariato, sviluppo economico e diverse altre finalità sociali; ma che è del tutto fuori luogo quando viene riferito ai presidenti piuttosto che ai consiglieri e ai direttori o segretari generali delle fondazioni.
Gli amministratori delle fondazioni, a partire dai vertici, non sono i nuovi mecenati. E' vero che sono loro che deliberano gli stanziamenti, che finanziano progetti e iniziative, con cifre che vanno da poche centinaia di euro a milioni di euro. Ma i soldi che fanno uscire dalle casse sono soldi delle fondazioni e non loro, non escono dai portafogli personali. Li sborsassero loro, allora sì che potrebbero farsi ritenere e chiamare mecenati.
Alcuni presidenti e amministratori di fondazioni non evitano di farsi considerare mecenati e, in qualche caso, si comportano come se lo fossero davvero: tagliano nastri, intervengono da protagonisti, accettano riconoscimenti personali, organizzano manifestazioni autoreferenziali e autocelebrative, consentono che la persona sia identificata con l'ente gestito pro tempore. Sono falsi mecenati.
Naturalmente, una parte non va confusa con il tutto. Ci sono stati, e forse ci sono ancora, presidenti e consiglieri, che non soltanto hanno sempre rinunciato a incassare l'emolumento previsto, ordinandone l'intera devoluzione ad associazioni di beneficenza, ma hanno rinunciato a qualsiasi forma di promozione individuale e quando hanno voluto fare del mecenatismo lo hanno fatto con il denaro proprio, magari pretendendo l'anonimato.
Un grande avvocato, che è stato presidente di una grande fondazione nazionale, tra le maggiori in Europa, diceva due cose: "Le fondazioni vanno servite, mentre non ci si deve servire delle fondazioni, mai"; "Al vertice delle fondazioni non ci si candida; ma bisogna essere chiamati" (sottinteso: per capacità e doti).
Come è facile intuire, quel presidente ha fatto un unico mandato. Alla vigilia della scadenza, è stato convocato dal sindaco che lo aveva designato e gli è stato detto che era opportuno cambiare, ringiovanire (allora non si parlava ancora di rottamazione). Con eleganza, immediatamente, quel presidente si è ritirato, lasciando libero il campo, senza alcuna polemica.
I patrimoni delle fondazioni di origine bancaria sono delle fondazioni, di nessun altro soggetto: non degli enti locali e delle altre istituzioni, che ne designano i componenti degli organi statutari. Sono tesori che vanno gestiti con il massimo scrupolo e con la diligenza del buon padre di famiglia, con il maggiore senso di responsabilità possibile, con una cura superiore a quella che si dedica alle proprie risorse personali. Altro che mecenatismo.
Lo stesso dovrebbe valere per le imprese che hanno più soci, come per tanti amministratori pubblici e politici Troppo facile e comodo fare i generosi con i soldi di altri.