I mantra di Urbano Cairo

Se non d'oro, è almeno d'argento, questo momento, per Urbano Cairo, l'imprenditore piemontese-lombardo, al quale fanno capo, fra l'altro, la Rcs MediaGroup (Rizzoli-Corriere della Sera), La 7 (tv), il Torino Calcio e, naturalmente, la Cairo Communication, gruppo editoriale di primo livello. Le sue aziende vanno bene, il Toro ha fatto una buona stagione e sta dando soddisfazioni economiche, scala la classifica nazionale della notorietà e della considerazione generale, riceve manifestazioni di stima persino da avversari ostici e pepati come Diego della Valle e Andrea Bonomi, che ne avevano avversato, con Mediobanca, la conquista di via Solferino e, infine, ha appena ricevuto la gratificazione di un'intera pagina de La Stampa (Primo Piano di domenica 28 maggio), quotidiano che, straordinariamente, non ha lesinato lodi nei suoi confronti.
Insomma, una raffica di riconoscimenti, urbi et orbi. Certamente graditi, forse quanto i risultati delle sue aziende, a partire da quelle quotate in Borsa: Rcs MediaGroup, già riportata a generare cassa invece che assorbirne, dopo neppure un anno di cura (ne ha preso il controllo il 15 luglio scorso); e Cairo Communication, che nel primo trimestre di quest'anno ha registrato ricavi consolidati per 270,9 milioni di euro (631,7 milioni nell'intero 2016), ha ridotto l'indebitamento netto a 345,4 milioni dai 366 emersi alla fine dell'esercizio passato, chiuso con un utile netto di 84,4 milioni.
Così, il 21 maggio, Urbano Cairo ha potuto festeggiare, con particolare piacere, il suo sessantesimo compleanno. Origini alessandrine - suo nonno e suo zio facevano gli agricoltori a Masio - si è laureato alla Bocconi di Milano, dove ha conosciuto Berlusconi, di cui è stato uno dei principali collaboratori fino alla rottura e alla conseguente decisione di mettersi in proprio, nel 1995. "Quando è nata Cairo Pubblicità - ha ricordato - non avevo neanche l'ufficio: c'ero solo io, il telefonino e un'idea". Che lo ha portato a crearsi un impero. E' diventato il più grande venditore di settimanali popolari in Italia. "Non è vero che con i giornali non si possono fare soldi. Io li faccio" . Lo ha detto e lo dimostra. Alla carta stampata crede, come ai buoni giornalisti, a prescindere dalla loro età. Infatti, è contrario ai prepensionamenti: "Uno lo mandi via perché non lavora o perché lavora male, non perché ha sessant'anni" ha spiegato, aggiungendo che se i giovani hanno più energie, gli anziani hanno l'esperienza e il mestiere "e i giornali si fanno con il mestiere".
Lui riesce a far soldi anche con la televisione. Ha preso La 7, quasi regalatagli, quando perdeva 100 milioni all'anno. L'ha resa profittevole. Innanzi tutto, tagliando i costi ed eliminando gli sprechi. Raccontano che si è quasi sentito male, quando ha visto che, nel 2012, quelli de La 7 avevano speso mezzo milione di euro in taxi. Proprio lui, che controlla tutti i conti, le fatture e le note spese, verificando ogni euro che esce e perché esce, sostenendo che le persone si conoscono a fondo da come spendono. Risparmio e ottimizzazione di ogni risorsa sono i suoi mantra.
Che sia anche un po' spilorcio è lecito sospettarlo. Certo che compra se pensa che sia un investimento. E' successo anche per la società granata, la cui presidenza gli ha dato una popolarità assoluta. Tutti sanno chi è per il Toro e Bellotti, pochi sanno che ha rilevato il "Corrierone", diventandone il numero uno, con tutti i benefici che ne conseguono, compreso il potere rilevante.
Una combinazione che, accompagnata, com'è, da ambizione, simpatia, giovialità e altre doti, lo rendono molto ambito. Non per nulla gli hanno offerto anche la candidatura a sindaco, prima di Torino e poi di Milano. Ha ringraziato, ma, gentilmente, ha declinato. "Per la politica ho una grande passione, ma non ne ho il tempo; almeno per ora" ha riferito ad Andrea Malaguti della Stampa. Sente di più la responsabilità nei confronti dei suoi 4.500 dipendenti diretti e per gli altrettanti indiretti. Impegni che, fra l'altro, lo fanno dormire per poche ore per notte, come Sergio Marchionne.
Tre matrimoni, quattro figli, Urbano Cairo, da giovane giocava a calcio, nel ruolo di ala destra. Tifava Milan, ma si ispirava a Claudio Sala, "il poeta del Toro dello scudetto 1976". Una premonizione? Comunque, ama il calco: "sport bellissimo, che regala grandi emozioni ed entusiasmo, come dovrebbe fare anche l'editoria" ha confidato.
E' stato scritto che, una volta, avrebbe risposto che gli sarebbe piaciuto rinascere Silvio Berlusconi. Può darsi. Sta di fatto che, nel 2013, ha affermato: "Sono contento di essere come sono, con pregi e difetti. E vorrei rinascere Urbano Cairo".